Guerra” alle materie prime: assalto dei consumatori alle scorte e andamento dei mercati

Introduzione

Oggigiorno l’intera popolazione mondiale e, in particolare, quella europea, è focalizzata su quanto sta accadendo sul fronte orientale, tra Russia e Ucraina. Considerando le diverse conseguenze generate da questo sanguinoso conflitto, di seguito ci si concentrerà sulla macro-tematica legata alla crisi delle materie prime; in particolar modo, verrà effettuato un focus sulle determinanti che hanno indotto la popolazione alla “corsa” all’approvvigionamento di beni di prima necessità. In ultimo luogo, questo articolo si concluderà con una piccola analisi sulle tematiche affrontate.

Volatilità e conseguenze inflazionistiche

Per quanto concerne i mercati finanziari, possiamo affermare che la volatilità dei prezzi delle commodities sia legata in primis al conflitto in essere dal 24 febbraio. Ciò che emerge, è che i produttori che hanno deciso di vendere futures ai fini di copertura per produzioni future, hanno visto una continua richiesta di incremento di garanzie per evitare il blocco delle posizioni corte.

Le conseguenze del conflitto, oltre a causare volatilità, hanno portato a conseguenze inflazionistiche, derivanti dall’aumento generale dei prezzi. Questo è generato anche da una possibile difficoltà negli approvvigiona- menti, considerando che l’Ucraina e la Russia sono entrambe due pilastri di riferimento per la fornitura di materie prime in Europa ed in particolare per l’Italia. Le conseguenze e le sanzioni internazionali, sotto diversi aspetti, porterebbero infatti alla riduzione del potere di acquisto delle famiglie. Anche lo Stato vede diverse difficoltà: la prima è quella di manovrare la politica monetaria, molto difficile considerando il fatto che l’offerta è difficile da influenzare e, inoltre, il sostegno delle classi meno abbienti e la politica fiscale già messa in ginocchio dalla pandemia, mostrano segni di difficoltà.

Rincari e difficoltà nell'approvvigionamento

In questi ultimi giorni, molti cittadini italiani hanno dato vita ad uno scenario molto simile a quello accaduto durante la crisi sanitaria legata alla pandemia da Covid-19 ovvero, una vera e propria “corsa” all’approvvigionamento di beni essenziali nei supermercati e nei distributori di carburante (come accaduto nel Nord Italia dove, diversi cittadini, hanno deciso di recarsi ai confini stranieri limitrofi per effettuare rifornimento di carburante a costi più accessibili).

Il comportamento dei consumatori è sicuramente frutto delle notizie sul rincaro delle materie prime. In particolar modo, l’aumento dei prezzi ha toccato con mano le grandi categorie di metallurgia, siderurgia, fonti energetiche e beni alimentari.

Il conflitto Russia-Ucraina sta avendo un forte impatto sul gas naturale (+105%, aumento calcolato dall’inizio della guerra al 9 marzo), con quotazioni di 11 volte quelle di gennaio 2020. Anche il petrolio vede un +22%, oltre al +43% del periodo precedente al Covid- 19. Infatti, notiamo come questi aumenti siano stati solo un’aggiunta ai già precedenti rincari dovuti alla pandemia.

I beni alimentari al contempo vedono crescite dal 16% (come, ad esempio, il mais) al 57% che, inoltre, impattano anche su tutta la filiera alimentare (come ad esempio quella delle carni). Questo deriva dal fatto che le importazioni di grano dall’Ucraina siano essenziali. Stesso discorso vale per i semi di girasole (che vedono un incremento di +20% rispetto all’anno precedente) e la farina, che ha costretto molte città ad aumentare il prezzo del pane. Ad esempio, nelle città di Ferrara e Forlì, il prezzo al chilo ha raggiunto cifre intorno ai 10 euro.

In una recente intervista, il presidente Draghi ha dichiarato che bisogna prepararsi ad un’economia di guerra. Bisogna immaginare, dunque, che le interruzioni dei flussi di approvvigionamento possano accadere con maggior frequenza, come anche il razionamento dell’energia nelle abitazioni comuni. Un evento che però ha portato ad un vero e proprio flashback a quella che fu l’economia di guerra in senso stretto del 1939, è quanto sta accadendo nei supermercati italiani. Infatti, i supermercati si sono visti costretti a razionalizzare la merce, imponendo un acquisto massimo di pezzi per cliente, soprattutto per quanto concerne i beni di prima necessità. Questa circostanza è causata dal fatto che la crisi ha generato una vera e propria escalation, che ha portato ad un rincaro dei beni alimentari non solo per la difficoltà nel reperire le risorse, ma anche per l’incremento delle spese di trasporto dovute all’aumento del prezzo del carburante. Proprio i grandi distributori, infatti, hanno visto che tra i beni maggiormente acquistati dai consumatori, guidati dalla paura che il conflitto possa perdurare a tal punto da non rendere possibile il rifornimento degli scaffali, vi siano quei prodotti considerati di prima necessità dotati di lunga scadenza.

Obiettivi europei e proiezioni future

L’Italia, insieme a tutti i paesi europei, sta cercando di definire delle strategie in modo da fronteggiare l’aumento dei prezzi di gas ed elettricità, con l’obiettivo di raggiungere l’indipendenza dalle forniture russe entro il 2027, diversificando le fonti di approvvigionamento e puntando maggiormente a fonti rinnovabili.

A tal proposito, un elemento rilevante ma forse poco conosciuto dai cittadini italiani, è che la Russia rappresenta l’ottavo fornitore per l’Italia (3% delle importazioni, per un valore di 14 miliardi di euro annui, di cui 2/3 legati alle forniture energetiche) e il 

quattordicesimo Paese per le esportazioni. Nelle giornate del 14 e 15 marzo 2022, si è parlato delle ipotesi di una possibile rateizzazione delle bollette e una riduzione delle accise sul carburante, al fine di poter alleviare il peso dell’inflazione sia sulle imprese che sulle famiglie. Per quanto concerne quest’ultimo punto, le riduzioni del prezzo del carburante raggiungerebbero circa il 10%, sulla falsa riga del modello francese, che prevede la riduzione di circa 0,15-0,20 euro al litro.

Analisi campionaria

Mediante un’intervista ad un campione randomico di circa 100 soggetti residenti nella provincia di Varese, sono emerse informazioni rilevanti sulle tematiche affrontate all’interno di questo articolo.

In primo luogo, si è riscontrato che la maggior parte dei soggetti, risentendo dell’aumento generale dei prezzi, è incentivata ad apportare modifiche nelle proprie abitudini quotidiane. Inoltre, la percezione dei rincari si osserva principalmente nel consumo di carburante (38%), nelle fatture riguardanti le utenze domestiche (29%) e nelle materie prime alimentari (19%). Nel caso particolare dell’aumento del carburante, il 57,69% degli intervistati ritiene che il provvedimento migliore possa essere quello concernente la riduzione delle accise, in linea con le proiezioni future citate da Mario Draghi; mentre per quanto interessa le utenze domestiche, il 66% dei rispondenti ritiene che una soluzione a breve termine possa essere quella di ridurre la temperatura nei luoghi pubblici e privati (range di circa –2/-3°C).

In ultimo, si riscontra che il 23% dei rispondenti ritiene sia necessario ricorrere a un maggior approvvigio- namento rispetto alle classiche abitudini di consumo. In seguito ai risultati emersi dall’analisi condotta, possiamo constatare che questa scelta possa derivare dall’apprensione sulla possibilità che il conflitto in essere possa perdurare nel tempo e che, nel peggiore dei casi, possa anche estendersi oltre i confini ucraini.

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