Intervista a Fabio Tamburini

<< “Una risata vi seppellirà”, recuperiamo questo concetto. Perché, purtroppo, il mondo se ne sta dimenticando.>>

Direttore de il Sole 24 Ore, già vicedirettore di MF Milano Finanza e dell’ANSA e vicecaporedattore de la Repubblica, Fabio Tamburini parla agli studenti della LIUC – Università Cattaneo alla vigilia della XVIII Edizione del Festival dell’Economia di Trento – che si è svolta dal 25 al 28 maggio ospitando tra i tanti 6 premi Nobel e la Premier Giorgia Meloni- di cui presiede il Comitato Scientifico.  “Il futuro del futuro. Le sfide di un mondo nuovo” il tema a cui è stata dedicata l’edizione di quest’anno, che ha provato a individuare gli strumenti per capire e affrontare la complessità del presente e del prossimo futuro.

 La guerra in Ucraina ha ricordato all’Europa e agli europei che la pace non è il naturale assetto geopolitico, ma un equilibrio a cui ci siamo potuti fortunatamente abituare, anche se questa piacevole abitudine ci ha portato a sottovalutarne le conseguenze. L’evoluzione del caso Taiwan spaventa e minaccia l’ulteriore acuirsi delle tensioni geopolitiche, mentre il primato di un Occidente alla ricerca di nuovi valori e nuovi leader viene messo in discussione dalla crescita inarrestabile delle potenze dell’Oriente. Ma anche la transizione energetica, l’intelligenza artificiale che evolve ed il post pandemia sono tutti starting point per importanti riflessioni a cui il cittadino è chiamato e di cui occorre farsi carico in congiunture storiche come questa, in cui si tracciano nuove irrimediabili rotte per l’umanità (che si trova a un punto di svolta). È per questi motivi che Fabio Tamburini ha deciso di parlare proprio agli studenti, alle generazioni che giocheranno il ruolo del protagonista, e che durante la discussione – con un’aula magna da tutto esaurito- hanno chiesto spiegazioni, chiarimenti e previsioni con curiosità sincera. Mentre parlavamo con il dottor Tamburini - che seduto sulla cattedra ci ha insegnato che a tutto questo caos si risponde con la semplicità di un dialogo disteso- in molti si sono soffermati per continuare ad ascoltare come si fa con chi sta regalando non delle risposte ma le domande giuste.

Il mondo è alla ricerca di una bussola -rivendica il Manifesto del Festival di Trento- e anche dove si palesano pericoli per lo status quo il dovere impone uno sforzo di comprensione trasversale per cogliere le opportunità. Partendo dall’ambito che gli è più familiare il dott. Tamburini sottolinea opportunità e minacce che saremo chiamati ad affrontare nel prossimo futuro. Chiaramente attraversiamo un momento, anche per il giornalismo, di tumultuosi cambiamenti. Basti pensare al ruolo che potrà giocare l’intelligenza artificiale cognitiva. Quale sarà il ruolo dei giornalisti se l’intelligenza artificiale cognitiva potrà probabilmente fare tutto in modo automatico, senza costi e in modo straordinariamente migliore? C’è però da dire che il Financial Times, ad esempio, scritto in inglese e venduto in tutto il mondo, ha sempre avuto una potenza giornalistica straordinariamente superiore. Ma oggi, con l’intelligenza artificiale che ti consente di fare traduzioni sempre più sofisticate e in tempo reale, la barriera linguistica per un giornale come Il Sole 24 Ore cadrà. E si potrà fare Il Sole 24 Ore in lingua inglese oppure nelle lingue di ogni stato del mondo. Cambieranno gli strumenti, cambierà l’editoria, ma il senso del giornalismo è informare e riflettere sul potere e su quello che accade nella società, e questo è un aspetto che rimarrà.

Il discorso precipita poi inevitabilmente sulla guerra, le sue possibili escalation e il ruolo del confronto per evitare situazioni catastrofiche. Il direttore, ad appena una settimana dall’invasione, ai microfoni di RTL, già chiedeva di “usare la testa e mettere le armi in cantina, perché il rischio che sta correndo il mondo è davvero grande”.  Aldilà di ogni ragione politica e storica dei due blocchi, il direttore parla di pace, del pericolo nucleare, ed è terrificato dall’idea che la guerra sia improvvisamente tornata ad essere uno scenario plausibile, un mezzo di risoluzione del conflitto da tenere in considerazione. Sembra che per lui sia del tutto superfluo e secondario entrare nel merito delle questioni o delle strategie, e che l’unica cosa che conti sia fare un passo indietro e tornare ad essere uomini razionali, da un lato e dall’altro. Non ci stiamo rendendo conto che, in un’era di potenze nucleari, tornare a considerare la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti ci espone a drammi che possono davvero cambiare la nostra vita. << “Una risata vi seppellirà”, recuperiamo questo concetto no? Perché, purtroppo, il mondo se lo sta dimenticando>> ci tiene a precisare Tamburini, con l’intento di stimolare un certo slancio critico nei più giovani. Questo è un mondo che ha una particolare caratteristica: la superficialità. Metabolizziamo tutto, COVID compreso, che sembra nessuno più ne abbia il ricordo. Bisogna recuperare la capacità di analisi, di approfondimento e di riflessione.

Il nostro tempo assieme è finito, ma prima di lasciarci chiediamo al dottor Tamburini qualcosa che riguarda noi studenti più da vicino. Gli chiediamo quali misure i governi debbano adottare per rendere il paese attrattivo per il capitale umano domestico e straniero, e se abbiamo delle colpe a immaginare sempre più spesso un futuro lontano dall’Italia. <<Ci sono gravi responsabilità della politica e del Paese. Però è anche una responsabilità dei giovani e quindi collettiva>>. A volte sembra che i ragazzi, nel compiere le proprie scelte, invece di ponderare pro e contro oggettivi seguano delle “mode” , nel caso di specie quella di andare a studiare o lavorare all’estero. Questa tendenza, come ricordato anche dal dott. Tamburini, è talvolta giustificata da alcune inefficienze e mancanze del nostro sistema ma, spesso, a guardar bene, i giovani trascurano opzioni di valore che il nostro Paese è comunque in grado di offrire. L’efficienza delle misure governative non può prescindere che da una presa di consapevolezza dell’importanza di promuovere l’attrattività dei nostri territori, consapevolezza che dovrebbe poi portare a un’azione di politica pubblica sistemica, strutturata e alimentata da una visione lunga, che davvero miri a restituire al Paese la credibilità e l’attrattività che le sue eccellenze gli fanno meritare. Siamo un paese straordinario ma non sempre abbiamo saputo mettere nella giusta evidenza le nostre potenzialità. Bisogna che tutti, perché questo non è solo un problema della politica, comincino a giocarle meglio.

 

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